L’altitudine elevata può rappresentare un rischio per i bambini, andando a causare una condizione nota come “mal di montagna”, un disturbo che, però, può essere evitato facilmente seguendo alcune precauzioni e non azzardandosi a salire a quote eccessive in relazione all’età del piccolo.
In questo articolo spiegheremo brevemente i concetti di base relativi ai neonati e ai bambini in montagna e risponderemo alle domande più frequenti sul tema, come: a partire da quale età i bambini possono frequentare ambienti montani? E fino a quali altitudini? Ci sono delle norme o precauzioni da adottare? In caso di patologie o di dubbio, è sempre consigliata la consulenza del pediatra di fiducia, che conosce bene il bambino e può offrire consigli personalizzati.
Neonati e bambini in montagna: altitudini e limiti di età
Partiamo dal chiarire che in passato molti avevano paura di portare i neonati in montagna, ritenendo che l’altitudine potesse rappresentare un serio pericolo per i più piccoli. Si raccomandava di non superare i 1000 metri, o addirittura gli 800 metri, per evitare rischi. Oggi invece si sa che questa paura spesso è eccessiva, ma allo stesso tempo è importante non esagerare e rispettare i limiti che l’età impone, cercando di non salire troppo in alto con i bambini troppo piccoli.
In generale, per i bambini sani con età inferiore a un anno (ma almeno un mese di vita) si consiglia di non superare i 1500-2000 metri di altitudine. Superare questa soglia può essere rischioso soprattutto per i lattanti, in quanto l’alta quota può causare irritabilità, perdita di appetito e problemi del sonno. Nei neonati prematuri o con condizioni mediche particolari, è fondamentale consultare il pediatra di riferimento o un centro specializzato prima di pianificare escursioni in quota.
Con i bambini tra 1 e 2 anni si può idealmente programmare qualche gita a quote più alte, purché ci sia un adeguato periodo di ambientamento e acclimatamento in modo graduale. Tra i 2 e i 5 anni, i piccoli possono salire fino a circa 2500 metri o anche oltre, sempre con molta cautela, perché i bambini di questa età possono non essere in grado di segnalare alcuni malesseri. La responsabilità di monitorare lo stato di salute e di agire prontamente spetta ai genitori. Oltre i 5 anni, le escursioni in quota possono superare i 2500 metri, sempre con attenzione alle condizioni di salute del bambino.
Un altro aspetto importante da conoscere riguarda le variazioni rapide di altitudine. Quando si sale o si scende di fretta, può verificarsi un problema di compensazione della pressione tra orecchio medio e ambiente esterno, chiamato barotrauma. Questo problema è più frequente in chi ha difficoltà a respirare con il naso, magari a causa di un semplice raffreddore. Gli adulti avvertono questa sensazione come “orecchio tappato”, che può evolvere in dolore vero e proprio. Nei neonati, invece, si manifesta spesso con pianto e disagio. Per prevenire questa fastidiosa sensazione, è utile stimolare la deglutizione durante il viaggio, ad esempio offrendogli il succhietto, mettendo in contatto il bambino con il seno o il biberon a intervalli regolari, e evitando di allattarlo in auto in movimento, per motivi di sicurezza.
Le variazioni di altitudine tra 1400 e 2000 metri sono da considerarsi comunque delicate per neonati e lattanti, che potrebbero accusare disagio a causa della rarità dell’aria. Per minimizzare i rischi, è consigliabile fare tappe intermedie, così da arrivare in quota in modo più graduale. Questa strategia permette anche di unire il piacere di una passeggiata in montagna, ammirando il paesaggio e trasformando il viaggio in un momento di relax, favorendo l’adattamento del corpo del bambino alla diversa atmosfera.
Perché per i bambini si sconsigliano altitudini superiori a 1500-2000 metri?
Su quote più elevate, si verifica un progressivo calo della pressione atmosferica e di quella dell’ossigeno nell’aria, che diventa circa il 21% di quella presente al livello del mare. A 1500 metri di altezza si ha circa l’84% di ossigeno rispetto al livello del mare, a 2000 metri circa l’80%, mentre oltre i 3000 metri la disponibilità scende a circa due terzi. Questa diminuzione comporta un calo della capacità respiratoria e può mettere a dura prova l’organismo, che si deve adattare a condizioni climatiche e fisiologiche più impegnative.
Il mal di montagna nei bambini: come evitarlo
Il mal di montagna acuto è la condizione più frequente nei bambini, manifestandosi con sintomi spesso poco specifici, quali:
- debolezza generale;
- irritabilità;
- perdita di appetito;
- nausea;
- vomito;
- disturbi del sonno.
Questi sintomi si presentano generalmente tra le 4 e le 12 ore dall’inizio della salita in quota e sono legati ad un rapido spostamento verso altitudini elevate. Nonostante le cause siano ancora in parte da chiarire, le principali sono la salita troppo rapida, l’eccessivo aumento di altezza in breve tempo, la fatica, il freddo, infezioni respiratorie pregresse o alcune patologie di base come la presenza di una malformazione dell’arteria polmonare, l’ipertensione polmonare congenita o primaria, le cardiopatie congenite e altre condizioni che rendono più vulnerabili i piccoli.
Per prevenirlo, la strategia più semplice è di non superare mai i 2000 metri di altezza, specialmente se si viaggia con bambini piccoli. Se si desidera salire a quote più elevate, bisogna farlo gradualmente, con soste frequenti e senza utilizzare impianti come seggiovie o funivie da soli 1400 a 2000 metri. È molto importante anche osservare il bambino e, in presenza di sintomi anche lievi, iniziare a ridiscendere immediatamente verso quote più basse e consultare un medico.
In montagna, attenzione particolare va fatta anche al freddo, che rappresenta un rischio più elevato per i bambini, più sensibili alle basse temperature e al rischio di ipotermia. È fondamentale coprirli bene, con abiti caldi e adeguati all’altitudine. Anche marsupi e fasce devono essere usati con cautela, perché può verificarsi compressione arteriosa prolungata, che potrebbe causare problemi circolatori.
Occorre prestare molta attenzione anche all’esposizione solare: la pelle dei più piccoli è particolarmente sensibile ai raggi UV. È imprescindibile usare una crema protettiva con fattore di protezione elevato, munirli di cappellino e occhiali da sole per tutelare occhi e pelle dall’eccessiva radiazione.
Infine, la dieta in montagna deve essere adeguata, ricca di calorie e di vitamine, e si consiglia di offrire regolarmente acqua ai bambini, soprattutto a partire dai sei mesi di età. Nei neonati allattati esclusivamente al seno, questa attenzione non è necessaria fino a quel momento, ma successivamente, un’adeguata idratazione aiuta l’organismo a fronteggiare meglio le variazioni climatiche e altimetriche.